Apis è il passato, il presente e il futuro del cappellino

“All’improvviso il ricordo è davanti a me”
Lo scrive Marcel Proust, nella sua monumentale opera “Alla ricerca del Tempo Perduto”.

Come definiamo un ricordo?
È l’impronta di una vicenda o di un’esperienza del passato, conservata nella coscienza e rievocata alla mente dalla memoria, spesso con un’intensa partecipazione affettiva.

Ognuno ha la sua “madeleine” di Proust.
E il tempo sembra perduto, ma non lo è.
Il ricordo può arrivare inaspettato, portando con sé la nostalgia di un intero mondo.
Basta un piccolo dolce, la madeleine appunto, basta un lieve e soffice profumo e i sensi spalancano la porta d’ingresso nella memoria.

E il passato ridiventa presente.

Per chi segue il ciclismo, un semplice pezzo di poliestere e cotone, riesce a riportarci di colpo all’infanzia.
È il cappellino la nostra madeleine.

“Il cappellino Carrera-The Blue Age Tassoni, 1995, con la testa d’aquila sulla visiera.
Quello di quando ero in quinta elementare. Proprio quello che il mio papà aveva accettato di acquistare poco prima del Tour de France, ‘Perché la maglia, capite, non me la posso permettere’. Quello con cui pensavamo di essere Claudio Chiappucci e Marco Pantani almeno per un’estate, e anche più a lungo.
Quello che vide il Tourmalet e l’oceano.
Quello che poi si è raggrinzito ed completamente sbiadito, a forza di lavaggi.”

Così ci racconta Pierre Perrilat in un emozionante articolo apparso recentemente sulla rivista Vélo Magazine.

Nel 2020, il cappellino da bici è ormai indossato dappertutto, quasi fosse un fatto di moda.
È diventato un oggetto dei desideri e un pezzo da collezione: è protagonista di un revival paragonabile a quello dei dischi in vinile.

Le origini del cappellino

Il cappellino è nato in un paese di 4.000 abitanti della Pianura Padana, in provincia di Cremona, che noi conosciamo bene: Vescovato.

Apis (che sta per Articoli pubblicitari per industria e sport) ha venduto un milione di cappellini, solo lo scorso anno.
Il nostro pubblico oggi è formato da un mix vincente di antiche e moderne “comunità ciclistiche”. Non sono semplici consumatori, sono persone appassionate, sono fan di questo oggetto.

La famiglia Bregalanti, il cuore di Apis, ha quasi il monopolio dei cappellini di tutto il mondo. È del tutto normale visto che l’ha inventato lei, il cappellino.

Luciano Bregalanti, ci racconta la genesi di un articolo che ha fatto la sua fortuna: “Mio padre Gino era un venditore ambulante. Con mia madre, Serafina, hanno seguito il Giro vendendo un po’ di tutto, dolci, cioccolato…
Cucitrice esperta, la mamma realizzava anche abiti per bambini.”

Fu vedendo gli spettatori sotto il sole, in attesa che passasse il gruppone di ciclisti, che Serafina ebbe un’illuminazione e ideò questo utile gadget, destinato presto ad essere prodotto e venduto in massa: un cappellino con una piccola visiera, ispirato a quello indossato da Topolino nei fumetti degli anni Cinquanta. 
Un giorno, un venditore del marchio Cynar, l’aperitivo a base di carciofo, si avvicinò a Gino e gli disse: “Mi piacciono i tuoi cappelli. Me ne fai 5000?”

La creazione della signora Bregalanti ha subito attirato l’attenzione dei ciclisti, fino ad allora piuttosto raffazzonati ed improvvisati nel vestire, e degli sponsor, deliziati da nuove possibilità di ottenere maggior visibilità.

Leggero (40 grammi), flessibile, pieghevole, lavabile, facile da infilare nella tasca della maglia, il modello standard del 1956, nome in codice “T7” ha attraversato i secoli. Ancora cucito a mano, made in Italy, in cotone-poliestere.
Dice Bregalanti : “L’unica cosa che è cambiata è la visiera. Ai tempi dei miei genitori, era in cartone leggero. Oggi è di plastica.”

Nel 2003, l’introduzione del casco rigido obbligatorio da parte dell’UCI, in reazione a gravi incidenti causati da sfortunate di cadute, avrebbe potuto infliggere un colpo mortale al vecchio cappellino.
Con l’avvento del casco, inizialmente, il cappellino è diventato un optional, se non un oggetto quasi inutile.
“I caschi dell’epoca”, persegue Bregalanti “piuttosto pesanti, premevano sulle cuciture del mio T7, le cui parti sono assemblate così da incontrarsi in alto, sulla parte superiore della testa.
Da qui, una sgradevole sensazione di attrito e di mancanza di comfort. Per rimediare, ho inventato il T8, le cui cuciture si uniscono, invece, all’altezza dell’elastico.
Oggi le squadre professionistiche mi chiedono immediatamente il T8 per i loro corridori.
La combinazione casco-cappellino non è più qualcosa di strano o di cattivo gusto, per i professionisti, prima e per i consumatori, che hanno dato nuovo impulso a questa moda, dopo un periodo di stasi negli anni 2000.

Vendiamo un prodotto dall’alto valore emotivo

Al di fuori dell’ambito sportivo è aumentata smisuratamente la richiesta da parte dei designer di moda.
“Questo uso più urbano del cappellino non lo snatura, anzi. Inoltre, è bello lavorare per la moda, le scadenze sono più flessibili.”
Forse ispirati da Spike Lee, che indossava il modello Brooklyn in uno nel suo film She’s Gotta Have It o indossati in una pubblicità al fianco di Michael Jordan, i giocatori di basket americani ora utilizzano, fieri ed imperturbabili, le creazioni di Apis.
StockX, la piattaforma più autorevole, a livello mondiale, per i prodotti streetwear ha recentemente selezionato proprio il cappellino Brooklyn.
Il cappellino, in chiave streetwear, ha fatto la sua comparsa, recentemente, anche nella serie di successo di Netfilix “Stranger Things”, come abbiamo ricordato in precedenti post.
L’altro giorno, un graffitista newyorkese ha inviato a Bregalanti la foto del suo ultimo murales, chiedendo di vederlo riprodotto su un cappellino. Nessun problema. “Analizziamo il modello, lo riproduciamo, lo trasformiamo in 3D ed inviamo il file al Cliente per mail perché lo approvi. Consegna entro 15 giorni.”

Ecco perché Apis è il passato, il presente e il futuro del cappellino.

Un grande ringraziamento a Velò Magazine per l’omaggio che ci hanno dedicato con un articolo dal titolo, ironico, “E che noia questi cappellini!”, pubblicato sulla rivista.
https://sfrpresse.sfr.fr/article/ef827090-29b2-44de-aded-98d125af7953

Apis è il passato, il presente e il futuro del cappellino

“All’improvviso il ricordo è davanti a me” Lo scrive Marcel Proust, nella sua monumentale opera “Alla ricerca del Tempo Perduto”. Come definiamo un ricordo? È l’impronta di una vicenda o di un’esperienza del passato, conservata nella coscienza e rievocata alla mente dalla memoria, spesso con un’intensa partecipazione affettiva. Ognuno ha la sua “madeleine” di Proust. E il tempo sembra perduto, ma non lo è. Il ricordo può arrivare inaspettato, portando con sé la nostalgia di un intero mondo. Basta un piccolo dolce, la madeleine appunto, basta un lieve e soffice profumo e i sensi spalancano la porta d’ingresso nella memoria. E il passato ridiventa presente. Per chi segue il ciclismo, un semplice pezzo di poliestere e cotone, riesce a riportarci di colpo all’infanzia. È il cappellino la nostra madeleine. Apis è stata protagonista di tutta la sua storia, dalle origini ad oggi. Apis è il passato il presente e il futuro del cappellino.👉 www.apis-italia.it/news/cappellino-ciclismo-passato-presente-futuro/

Pubblicato da APIS srl su Lunedì 27 luglio 2020